Swadeshi significa autosufficienza, autonomia economica dei
villaggi.
E’ l’opposto del concetto di globalizzazione
dell’economia e proprio per questo ne rappresenta l’alternativa : questo
documento, estratto da un testo redatto dallo scrittore S. Kumar, approfondisce
il concetto Swadeshi parlando principalmente della realtà indiana ma la
filosofia di base, autonomia e autogestione dei villaggi, è riportabile a tutte
le realtà del globo, compresa quella occidentale. Per un mondo unito nella
diversità.
“Secondo il principio swadeshi, tutto ciò che viene prodotto nel
villaggio deve essere usato soprattutto dai membri del villaggio. Il commercio
fra villaggi o quello fra villaggio e città dovrebbe essere minimo, quasi
un’eccezione. Swadeshi evita la dipendenza economica da mercati esterni poichè
essa potrebbe rendere vulnerabile la comunità villaggio. Il villaggio deve
costruire una solida base economica per soddisfare la maggior parte dei suoi
bisogni e tutti i membri della comunità-villaggio dovrebbero dare la priorità
alle merci e ai servizi locali. Ogni comunità-villaggio
dell’India libera dovrebbe essere un microcosmo dell’India, una rete di
comunità liberamente interconnesse. Gandhi considerava questi villaggi così
importanti che pensava che dovrebbe essere dato loro lo status di “Repubbliche
Villaggio”.
La comunità villaggio dovrebbe essere l’espressione dello spirito
familiare, un’estensione della famiglia piuttosto che una collezione di
individui in competizione fra loro. Il sogno di Gandhi non era quello
dell’autosufficienza individuale e neanche dell’autosufficienza familiare ma
dell’ autosufficienza della comunità villaggio.
I
britannici credevano in metodi di produzione centralizzati, industrializzati e
meccanizzati. Gandhi rovesciò questi principi e intravvide modi di produzione
decentralizzati, domestici, artigianali. Disse: “Non produzione di massa ma
produzione delle masse”.
Adottando il principio di
produzione delle masse, le comunità villaggio sarebbero state in grado di
restituire dignità al lavoro fatto con le mani. Vi è un valore intrinseco in
ciò che viene fatto con le proprie mani; consegnando il lavoro alle macchine
perdiamo non solo i benefici materiali ma anche quelli spirituali, poichè il
lavoro manuale porta con sè meditazione e soddisfazione personale.
La produzione di massa si interessa solo del prodotto, mentre
la produzione delle masse si interessa del prodotto, dei produttori e del
processo. La forza trainante dietro la produzione di massa è il culto
dell’individuo.
Quale può essere il desiderio dell’
espansione dell’economia su scala globale, se non il desiderio per il profitto
personale e corporativo?
Al contrario un’economia su
base locale promuove lo spirito, le relazioni e il benessere comunitario: tale
economia incoraggia l’aiuto reciproco. I membri del villaggio si prendono cura
di se stessi, delle famiglie, dei vicini, degli animali, delle terre, delle
foreste e di tutte le risorse naturali per il beneficio delle generazioni
presenti e future. La produzione di massa porta le persone a lasciare i
villaggi, le terre, i loro mestieri, le fattorie, per andare a lavorare nelle
fabbriche. Invece di esseri umani con una dignità in una comunità che si
autostima, la gente diventa un ingranaggio della macchina, davanti ad una catena
di montaggio, vivendo nei ghetti delle città, dipendendo dalla pietà dei
padroni.
Un numero sempre più esiguo di persone sono
richieste nella produzione, poichè gli industriali vogliono una produttività
sempre più alta . I padroni dell’economia monetaria vogliono macchine sempre
più efficienti e veloci e il risultato sarà che uomini e donne resteranno
disoccupati e considerati scarti della società. Una tale società genera milioni
di persone senza radici e lavoro che dipendono dallo stato o che praticano
l’accattonaggio.
Non ci può essere vera pace nel mondo
se guardiamo gli altri paesi come fonte di materie prime o come mercati per i
prodotti finiti dell’industria. Il seme della guerra viene seminato
dall’avidità economica. “C’è abbastanza per soddisfare i bisogni di ognuno ma
non abbastanza per l’avidità di ognuno” disse Gandhi.
Swadeshi è quindi un prerequisito indispensabile della pace.
Swadeshi è la via della vera pace: la pace con se stessi , fra
i popoli e con la natura. L’economia globale spinge le persone verso la massima
efficienza, l’alto rendimento, e all’ambizione personale. I risultati sono lo
stress, la mancanza di valori e di pace interiore, la perdita di spazi per i
rapporti personali e familiari e della vita spirituale.
In India ogni villaggio aveva i suoi filatori, cardatori, tintori e
tessitori, che rappresentavano il cuore dell’economia del villaggio. Quando
l’India fu invasa da tessili fatti a macchina, meno costosi e prodotti in massa,
provenienti dall’ Inghilterra, gli artigiani tessili locali furono estromessi
dal business e l’economia del villaggio ne soffrì enormemente.
Gandhi credeva importante che l’industria fosse risanata e lanciò una
campagna per arrestare l’influsso di tessuti britannici. Grazie a questo
sforzo, centinaia di migliaia di intoccabili e Indù delle caste si unirono per
disfarsi dei vestiti importati dall’ Inghilterra o dalle industrie delle città,
imparando a filare e a tessere le stoffe.
Il filatoio
divenne il simbolo della libertà economica, dell’indipendenza politica e della
compattezza della comunità senza classi.
Secondo
Gandhi, i valori spirituali non dovevano essere visti come separati dalla
politica, dall’economia, dall’ agricoltura, dall’educazione e da tutte le altre
attività della vita quotidiana. In questo modello integrato non esiste un
conflitto tra ciò che è spirituale e ciò che è materiale. Un tale distacco tra
religione e società genererà la corruzione, l’avidità, la competizione, la sete
del potere e lo sfruttamento dei deboli e dei poveri.
Qualcuno ha chiesto a Gandhi: “Che cosa pensa della civiltà
occidentale?” Lui ha risposto semplicemente: “Se ci fosse, non sarebbe
una cattiva idea”.
Per Gandhi una civiltà delle
macchine non era civiltà. Non poteva concepire come civile una società in cui
i lavoratori dovevano sudare in catena di montaggio, in cui gli animali erano
trattati con crudeltà negli allevamenti intensivi e in cui l’attività economica
portava inevitabilmente alla devastazione ecologica.
Il
mondo naturale si trasformerebbe inevitabilmente in deserto e le città in
giungla di cemento. In altre parole, la società dell’industria globale, a
differenza di una società costituita da comunità sostanzialmente autonome che
adottano il principio dello swadeshi, non è sostenibile. Swadeshi era un
principio religioso per Gandhi, altrettanto sacro quanto i principi della verità
e della non violenza.
Colonialismo senza colonizzatori
Seppur indipendente, oggi si continua a governare l’India
secondo il modello inglese. Questa è la sua tragedia e non se ne vede la
fine. Gli industriali, gli intellettuali e gli imprenditori, d’accordo col
governo, vedono ancora la salvezza dell’India nella sua soggezione alla politica
della Banca Mondiale e dell’OMC.
Ciononostante, sta
crescendo rapi-damente l’insoddisfazione del popolo indiano. Come aveva
previsto il Mahatma Gandhi, il corpo politico è oggi corrotto.
I poveri sono più poveri che mai e i contadini protestano contro il
monopolio dei semi da parte delle società multinazionali. L’economia globale
dell’OMC è costruita su basi poco solide: sebbene essa possa sembrare padrona
della situazione, non gode del sostegno di base e man mano che rivelerà la sua
vera natura, il popolo indiano, per il quale l’insegnamento di Gandhi vive
sempre nella memoria, reagirà con-trastandola e riabbraccerà lo swadeshi per la
riaffermazione della propria cultura, della comunità e della propria vita.
L’insegnamento dello swadeshi potrebbe essere portatore di speranza per una
economia a lungo termine anche in occidente, una volta che l’imbroglio della
crescita economica e dell’industria-lizzazione venga rivelato.”
Fonte: http://www.ecn.org/molino/giornale/numero6/swadeshi.htm
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